Articolo del mese
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Articolo del mese
Agosto 2023
Parkinsonism in complex neurogenetic disorders: lessons from hereditary dementias, adult‑onset ataxias and spastic paraplegias
Autori: Simone Aloisio, S. Satolli, G. Bellini, P. Lopriore
Corresponding author: Dott. Piervito Lopriore (piervito.lopriore@gmail.com), Department of Clinical and Experimental Medicine, Neurological Institute, University of Pisa, Pisa, Italy
Pubblicato su: Neurol Sci. 2023 Aug 30. doi: 10.1007/s10072-023-07044-9. Online ahead of print.
Il parkinsonismo è una delle più comuni sindromi neurologiche ed è caratterizzato principalmente da bradicinesia, ovvero una marcata lentezza nei movimenti, accompagnata da tremore a riposo, rigidità muscolare o entrambi. La malattia di Parkinson e i cosiddetti parkinsonismi atipici rappresentano le più comuni cause di parkinsonismo in soggetti in età adulta. Tuttavia, il parkinsonismo può essere un sintomo di disturbi neurologici e neurodegenerativi complessi, determinati geneticamente, che presentano una vasta gamma di sintomi motori e non motori, rendendo particolarmente complesse sia la diagnosi che la gestione clinica di queste condizioni patologiche. Nell’ambito dei suddetti disturbi neurodegenerativi ereditari complessi, si annoverano alcune forme di demenza, le atassie dell'età adulta e le paraplegie spastiche, ed altre condizioni patologiche. La presente revisione narrativa della letteratura, effettuata dal Dott. Aloisio e coll., si propone di offrire una dettagliata panoramica delle principali caratteristiche cliniche del parkinsonismo nell’ambito dello spettro fenotipico di alcune più comuni patologie neurogenetiche dell'età adulta. A questo proposito, sono stati riassunti i punti chiave per aiutare a comprendere meglio le differenze e le somiglianze delle varie condizioni patologiche trattate. Infine, gli autori di questa revisione hanno riassunto efficacemente le principali caratteristiche di neuroimmagine nei disturbi descritti. In conclusione, il parkinsonismo rappresenta uno delle sindromi neurologiche più frequenti anche nell’ambito delle patologie neurogenetiche ereditarie complesse e determina spesso un ulteriore livello di complessità alla presentazione clinica di queste malattie rare. Il parkinsonismo può rappresentare parte fondamentale del fenotipo della malattia o manifestarsi come una manifestazione secondaria dello spettro della patologia, precedendo o accompagnando i sintomi principali. Un aspetto che ad oggi rimane poco chiaro, riguarda i possibili meccanismi eziopatogenetici e fisiopatologici che sottendono il parkinsonismo nell’ambito delle patologie neurogenetiche complesse. Ulteriori ricerche saranno necessarie per approfondire la nostra comprensione del parkinsonismo associato alle malattie neurodegenerative ereditare complesse nell’intento di sviluppare ed ottimizzare interventi terapeutici mirati ed individualizzati. Ciò potrebbe favorire il raggiungimento di una migliore assistenza medica per i pazienti affetti e migliorarne, di conseguenza, la qualità della vita.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Luglio 2023
Variants in ATP5F1B are associated with dominantly inherited dystonia
Autori: Alessia Nasca, N.E. Mencacci, F. Invernizzi, M. Zech, I.J. Keller Sarmiento, A. Legati, C. Frascarelli, B.I. Bustos, L.M. Romito, D. Krainc, J. Winkelmann, M. Carecchio, N. Nardocci, G. Zorzi, H. Prokisch, S.J. Lubbe, B. Garavaglia, D. Ghezzi
Corresponding author: Dott. Daniele Ghezzi (daniele.ghezzi@istituto-besta.it) (daniele.ghezzi@unimi.it), Laboratory of Neurogenetics and mitochondrial disorders, Fondazione IRCCS Istituto Neurologico "Carlo Besta" - University of Milan, via Temolo 4, 20126 Milan, Italy
Pubblicato su: Brain. 2023 Jul 3;146(7):2730-2738. doi: 10.1093/brain/awad068.
A livello mitocondriale, l’attività della catena respiratoria può risultare alterata a causa di eventuali varianti patogene nei geni che codificano per i fattori di assemblaggio o le subunità strutturali. Nel caso di varianti genetiche che determinino specificatamente le alterazioni del Complesso V si possono manifestare condizioni ereditarie a trasmissione autosomica recessiva che presentano fenotipi multipli. Oltre a questo, è stato osservato che alcuni portatori di varianti autosomiche dominanti nei geni delle subunità strutturali ATP5F1A e ATP5MC3 possono sviluppare dei disordini del movimento. Nello studio condotto dalla Dott.ssa Nasca, in collaborazione con esperti nazionali ed internazionali, sono state identificate due diverse varianti missenso di ATP5F1B. Queste varianti (c.1000A>C; p.Thr334Pro e c.1445T>C; p.Val482Ala), sono state osservate in due famiglie affette da distonia isolata. In questi casi, l'ereditarietà si è dimostrata autosomica dominante con una penetranza incompleta. Tra i segni clinici distintivi, alcuni dei pazienti avevano un tremore distonico presente sia a livello del capo che degli arti superiori. L'età di insorgenza variava dall'infanzia all'adolescenza. Anche la gravità della distonia è risultata variabile, tuttavia tutti i pazienti erano ancora ambulanti all'ultimo follow-up clinico. Per comprendere appieno l'effetto delle varianti osservate, sono stati condotti studi funzionali utilizzando fibroblasti mutanti. I risultati hanno mostrato che, nonostante le varianti non abbiano ridotto la quantità di proteina ATP5F1B, hanno causato una significativa riduzione dell'attività del Complesso V. Inoltre, sono state rilevate delle alterazioni del potenziale della membrana mitocondriale. Questi risultati suggeriscono quindi che le suddette varianti genetiche possano interferire con la funzione normale del Complesso V e determinare una perturbazione dell'equilibrio energetico cellulare. Questo studio ha svelato ulteriori dettagli sui complessi meccanismi molecolari che si svolgono all'interno del mitocondrio, e ha rivelato l'importante ruolo di ATP5F1B nella patogenesi della distonia isolata. I risultati dello studio potrebbero favorire lo sviluppo di nuove possibilità di trattamento e cura per i pazienti affetti da distonia isolata.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Giugno 2023
GNAO1-related movement disorder: an update on phenomenology, clinical course, and response to treatments
Autori: Maria Novelli, S. Galosi, G. Zorzi, S. Martinelli, A. Capuano, F. Nardecchia, T. Granata, L. Pollini, M. Di Rocco, C.E. Marras, N. Nardocci, V. Leuzzi
Corresponding author: Dott.ssa Serena Galosi (serena.galosi@uniroma1.it), Unit of Child Neurology and Psychiatry, Department of Human Neuroscience, Sapienza University of Rome, Via dei Sabelli 108, 00185, Rome, Italy
Pubblicato su: Parkinsonism Related Disord. 2023 Jun;111:105405. doi: 10.1016/j.parkreldis.2023.105405. Epub 2023 Apr 29.
GNAO1, fa parte di un gruppo emergente di geni (ADCY5, GNB1, PDE10A, PDE2A, GPR88, HPCA e GNAL) che codificano proteine coinvolte nella regolazione di vari meccanismi postsinaptici connessi alla stimolazione dopaminergica. In particolare, queste proteine svolgono un ruolo fondamentale nel controllo dei meccanismi dei recettori accoppiati alle proteine G (GPCR), della cascata del monofosfato di adenosina ciclico (cAMP), e più in generale della modulazione della connettività cerebrale e dell’attività dei gangli della base. Il Gαo, prodotto dal gene GNAO1, è una delle proteine più abbondanti nel cervello, implicata in interazioni estremamente complessa e in gran parte sconosciute. A partire dalla descrizione delle prime varianti dominanti di GNAO1, nel 2013, sono stati in seguito identificati diversi fenotipi legati a mutazioni di questo gene, caratterizzati prevalentemente da grave ritardo dello sviluppo e disturbi del movimento ad esordio precoce. Negli ultimi anni, sono stati inoltre segnalati casi con presentazioni "atipiche" e fenotipi più lievi e/o casi caratterizzati da disordini neurologici ad insorgenza tardiva. Tra i disordini del movimento, i più frequentemente riportati sono corea, distonia, e altre discinesie. Tuttavia, sono stati anche descritti fenotipi ipocinetici. In alcuni casi, si può assistere ad un’evoluzione ingravescente e problematica dei suddetti disturbi. Nello studio condotto dalla Dott.ssa Novelli e collaboratori, è stata eseguita una revisione della letteratura, includendo articoli pubblicati fino al Giugno 2022, al fine di fornire un'ampia panoramica delle principali caratteristiche cliniche e genetiche dei disturbi correlati a GNAO1. Nel lavoro è stata approfonditamente affrontata la fenomenologia dei disordini del movimento ed il loro decorso clinico, compresi i fattori scatenanti, sono stati infine discussi gli approcci terapeutici disponibili in questi pazienti. Tra questi, ad esempio, la stimolazione cerebrale profonda (DBS) del globo-pallido interno (GPi) potrebbe essere considerata una procedura sicura ed efficace nel controllo delle esacerbazioni nei casi più gravi. Il paper ha dunque il merito di trattare approfonditamente un tema innovativo, ovvero l’ampio spettro di problematiche riguardanti i disturbi del movimento associati alle mutazioni del gene GNAO1. Nel lavoro vengono anche correttamente enfatizzati i punti di forza e le limitazioni della attuale letteratura disponibile sull’argomento nonché le possibili prospettive di ricerca in questo ambito specifico.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Maggio 2023
Parkinson disease following Covid-19: report of six cases
Autori: Alessandra Calculli, T. Bocci, M. Porcino, M. Avenali, C. Casellato, S. Arceri, S. Regalbuto, A. Priori, A. Pisani
Corresponding author: Prof. Antonio Pisani (antonio.pisani@unipv.it), Department Brain and Behavioral Sciences, University of Pavia, Pavia, Italy;
Prof. Alberto Priori (alberto.priori@unimi.it), Clinical eurology Unit, University of Milan, Milan, Italy
Pubblicato su: Eur J Neurol. 2023 May;30(5):1272-1280. doi: 10.1111/ene.15732. Epub 2023 Mar 7.
Le principali manifestazioni cliniche del COVID-19 consistono in sintomi simil-influenzali e problemi respiratori. Tuttavia, in questi ultimi anni, è stato ampiamente documentato in numerosi lavori scientifici, un possibile coinvolgimento neurologico durante l'infezione da SARS-CoV-2 ed una ampia gamma di manifestazioni fenotipiche. Ad esempio, sono stati descritti casi di individui che, dopo aver avuto il COVID-19, hanno sviluppato la malattia di Parkinson, da cui è scaturita l'ipotesi di una possibile connessione tra infezione virale e processi neurodegenerativi. Nell’interessante studio condotto dalla Dott.ssa Calculli e collaboratori, è descritta una serie di casi di sei soggetti che hanno sviluppato la malattia di Parkinson dopo aver contratto il COVID-19. In tutti i soggetti coinvolti nello studio l'infezione da SARS-CoV-2 è stata documentata tramite l'utilizzo della tecnica di amplificazione del materiale genetico virale su tampone nasofaringeo (RT-PCR). Successivamente, i pazienti sono stati sottoposti ad un'attenta valutazione neurologica e di neuroimmagine. I risultati hanno mostrato che i sei soggetti hanno sviluppato la malattia di Parkinson in un intervallo di tempo medio di 4-7 settimane dopo infezione da SARS-CoV-2. Tuttavia, non è stata osservata alcuna correlazione tra la gravità dell'infezione da COVID-19 e lo sviluppo del malattia di Parkinson. Inoltre, gli esami di neuroimmagine non hanno evidenziato evidenti anomalie strutturali nei pazienti. Tutti i soggetti esaminati avevano tremore a riposo unilaterale all'inizio della malattia e hanno risposto positivamente al trattamento con farmaci dopaminergici. In conclusione, lo studio suggerisce che le risposte immunitarie dell'organismo, innescate dall'infezione da SARS-CoV-2, potrebbero condurre, in base ad una suscettibilità individuale, allo sviluppo di complicanze nel lungo termine. Un ipotesi, tra le più avvalorate, è che il COVID-19 potrebbe slatentizzare un processo neurodegenerativo preesistente nei soggetti colpiti, accelerando l'esordio clinico della malattia di Parkinson. Tuttavia, ulteriori ricerche sono necessarie per comprendere più a fondo i possibili meccanismi alla base del fenomeno osservato. I risultati dello studio potrebbero fornire elementi utili non solo per comprendere meglio i meccanismi patogenetici della malattia di Parkinson e ma anche per affrontare eventuali sfide presenti e future legate alle possibili complicazioni neurologiche del COVID-19.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Aprile 2023
The impact of dysphagia in Parkinson's disease patients treated with levodopa/carbidopa intestinal gel
Autori: Domiziana Rinaldi, G. Imbalzano, S. Galli, E. Bianchini, C. Ledda, L. De Carolis, M. Zibetti, L. Lopiano, F.E. Pontieri, C.A. Artusi
Corresponding author: Prof. Carlo Alberto Artusi (caartusi@gmail.com), Department of Neuroscience “Rita Levi Montalcini”, University of Torino, Via Cherasco 15, 10126 Torino, Italy
Pubblicato su: Parkinsonism Related Disord. 2023 Apr;109:105368. doi: 10.1016/j.parkreldis.2023.105368. Epub 2023 Mar 15.
La disfagia è un problema comune nelle fasi avanzate della malattia di Parkinson e può rappresentare un fattore di rischio per la polmonite da aspirazione. Tuttavia, nonostante la sua rilevanza, la disfagia è stata poco indagata nei pazienti trattati con levodopa-carbidopa intestinal gel (LCIG). Nello studio condotto dalla Dott.ssa Rinaldi e collaboratori è stato approfondito l’impatto clinico della disfagia nei pazienti con malattia di Parkinson trattati con LCIG. L'obiettivo dello studio è stato analizzare in che termini la presenza di disfagia potesse influenzare la mortalità nei pazienti con malattia di Parkinson trattati con LCIG ed eventuali relazioni con il progressivo accumulo di disabilità nella malattia. A tal fine, è stata condotta un'analisi retrospettiva di dati raccolti su un gruppo di 95 pazienti consecutivi affetti da malattia di Parkinson e trattati con LCIG. L’analisi dei risultati ha mostrato un aumento significativo del rischio di mortalità nei pazienti con disfagia. In particolare, la disfagia è risultata essere l'unico fattore significativamente associato alla mortalità nell'intera coorte di pazienti. Sono state inoltre osservate correlazioni tra la presenza di disfagia e altre caratteristiche cliniche come la demenza, le allucinazioni e lo stadio di gravità della malattia (quantificato mediante la scala di Hoehn e Yahr). Per quanto concerne i limiti principali dello studio, gli autori sottolineano correttamente il disegno retrospettivo e l'assenza di una valutazione oggettiva della disfagia. Inoltre, poiché lo studio è stato condotto su dati relativi ad un gruppo selezionato di pazienti trattati con infusione enterale di levodopa, è stato correttamente evidenziato che questo potrebbe limitare, almeno in parte, la generalizzabilità dei risultati a tutti i pazienti con malattia di Parkinson in fase avanzata. In conclusione, la disfagia sembra avere un impatto significativo sulla mortalità nei pazienti con malattia di Parkinson trattati con LCIG. Questi risultati suggeriscono l'importanza di indagare ed affrontare tempestivamente questo sintomo nelle fasi avanzate della malattia, anche nei pazienti sottoposti a trattamento con LCIG. Ulteriori ricerche e studi su un numero più ampio di pazienti potrebbero essere utili per confermare e approfondire questi risultati.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Marzo 2023
Spectral topography of the subthalamic nucleus to inform next-generation Deep Brain Stimulation
Autori: Alberto Averna, I. Debove, A. Nowacki, K. Peterman, B. Duchet, M. Sousa, E. Bernasconi, L. Alva, M.L. Lachenmayer, M. Schuepbach, C. Pollo, P. Krack, T.K. Nguyen, G. Tinkhauser
Corresponding author: Dr. Gerd Tinkhauser (gerd.tinkhauser@insel.ch), Department of Neurology, Bern University Hospital and University of Bern, Freiburgstrasse, 3010 Bern, Switzerland
Pubblicato su: Mov Disord. 2023 May;38(5):818-830. doi: 10.1002/mds.29381. Epub 2023 Mar 28.
Nel contesto delle principali linee di ricerca attuali sulla stimolazione cerebrale profonda (deep brain stimulation - DBS) in pazienti affetti da malattia di Parkinson, uno degli aspetti cruciali riguarda una maggiore comprensione della distribuzione topografica e del ruolo dei biomarcatori spettrali nel contesto del nucleo subtalamico. Un interessante studio, condotto dal Dott. Averna e coll., si è focalizzato sull'analisi sistematica delle caratteristiche spettrali dei potenziali di campo (local field potentials - LFPs) registrati nel nucleo subtalamico, con l'obiettivo specifico di valutare se queste potessero predire la risposta clinica alla DBS. Ai fini dello studio, i ricercatori hanno registrato gli LFPs di 70 pazienti affetti da malattia di Parkinson (mentre erano svegli e a riposo), utilizzando elettrodi multicontatto per la DBS. I risultati hanno rivelato una distribuzione eterogenea dei biomarcatori spettrali all'interno del nucleo subtalamico, con una maggiore segregazione lungo l'asse inferiore-superiore. Tra gli aspetti più interessanti, è stato osservato che le oscillazioni beta sono risultate essere più diffuse rispetto alle altre bande di frequenza, in particolare ad esempio rispetto alle oscillazioni ad elevata frequenza (high frequency oscillations - HFOs). Un altro aspetto rilevante dello studio è stata l’osservazione che la vicinanza spaziale dei contatti stimolanti al cosiddetto "hot-spot" delle oscillazioni beta e la distanza dal punto corrispondente delle HFOs hanno dimostrato di essere predittive per una migliore risposta alla DBS in termini di miglioramento dei sintomi motori (in particolare della rigidità). Questi risultati indicano che la distribuzione spettrale dei biomarcatori nel nucleo subtalamico potrebbe rappresentare un importante indicatore predittivo per la risposta clinica alla DBS nei pazienti affetti da malattia di Parkinson. Inoltre, i risultati dello studio aprono nuove prospettive per il trattamento personalizzato della malattia di Parkinson e, potenzialmente, di altri disturbi del movimento. La possibilità di ottimizzare le future applicazioni di DBS basate sulla rilevazione dei segnali tramite una maggiore comprensione della distribuzione spettrale dei biomarcatori potrebbe offrire nuove opportunità per affrontare queste condizioni patologiche in modo più mirato ed efficace.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Febbraio 2023
Long-duration response to levodopa, motor learning, and neuroplasticity in early Parkinson’s disease
Autori: Giorgia Sciacca, G. Mostile, I. Disilvestro, G. Donzuso, A. Nicoletti, M. Zappia
Corresponding author: Prof. Mario Zappia (m.zappia@unict.it), Dep. of Medical, Surgical Sciences and Advanced Technologies GF Ingrassia, University of Catania, Via Santa Sofia 78, 95123, Catania, Italy
Pubblicato su: Mov Disord. 2023 Feb 25. doi: 10.1002/mds.29344. Online ahead of print.
La levodopa rappresenta ad oggi il gold standard nel trattamento della malattia di Parkinson (MP). In aggiunta ad una risposta di breve durata (short-duration response – SDR), ovvero al miglioramento clinico che in genere dura per poche ore dopo la somministrazione del farmaco, correlato alla concentrazione plasmatica di questo, è stata descritta la risposta di lunga durata (long-duration response - LDR). La LDR è un fenomeno che deriva dalla somministrazione prolungata di L-dopa e può persistere anche per ore o giorni dopo l'interruzione del trattamento. Evidenze ottenuto nell’animale da esperimento parkinsonisno dimostrano che, oltre al miglioramento dei sintomi, la LDR alla levodopa potrebbe essere coinvolto nei cambiamenti della neuroplasticità e nell'apprendimento motorio. Tuttavia, ad oggi, i possibili effetti neurofisiologici della LDR in pazienti con MP non sono stati ancora approfonditamente testati. Nello studio condotto dalla Dott.ssa Sciacca e coll. sono stati arruolati 41 pazienti con MP (naïve alla somministrazione di farmaci dopaminergici) e 24 controlli sani. Nei pazienti, è stato quindi avviato trattamento con levodopa/carbidopa. Al raggiungimento del quindicesimo giorno di trattamento, i pazienti sono stati valutati e raggruppati, in base al livello di LDR raggiunta in: LDR+ (risposta sostenuta) ed LDR- (nessuna risposta). Un sottogruppo di pazienti è stato inoltre coinvolto in un compito di apprendimento motorio. I partecipanti allo studio sono stati tutti sottoposti a valutazioni cliniche e sono stati inoltre raccolti vari parametri neurofisiologici come indicatori dei parametri di neuroplasticità (P300, potenziali evocati motori – PEM e Bereitschaftspotential - BP). In linea con precedenti evidenze di letteratura, i risultati dello studio hanno confermato una significativa alterazione dei parametri neurofisiologici rilevati nei pazienti, in fase OFF, rispetto ai controlli sani. Un risultato innovativo dello studio consiste nell’osservazione del sinergismo d’azione tra il raggiungimento di una LDR prolungata e l'apprendimento motorio nell’ indurre fenomeni di neuroplasticità adattivi, sia a livello dei gangli basali che delle aree corticali. I risultati dello studio potrebbero avere potenziali implicazioni in ambito terapeutico e sottolineano l’importanza e la necessità di approfondire, ad esempio, le possibili interazioni tra approcci farmacologici e riabilitativi al fine di sfruttarne al meglio il sinergismo, nell’ottica di una medicina di precisione. In questo contesto, saranno comunque necessari ulteriori studi ed evidenze scientifiche per comprendere al meglio il ruolo ed i meccanismi neurofisiologici della LDR nella MP che ad oggi, rimangono poco studiati e non del tutto compresi.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Gennaio 2023
Bradykinesia in neurodegenerative disorders: a blinded video analysis of pathology-proven cases
Autori: Luca Marsili, K.R. Duque, N. Gregor, E. Abdelghany, J. Abanto, A.P. Duker, M.C. Hagen, A.J. Espay, M. Bologna
Corresponding author: Dr. Luca Marsili (luca.marsili@uc.edu), Department of Neurology, University of Cincinnati, 260 Stetson Street, Cincinnati, OH 45219, USA
Pubblicato su: Mov Disord. 2023 Jan 27. doi: 10.1002/mds.29330. Online ahead of print.
La bradicinesia è una caratteristica clinica fondamentale dei parkinsonismi. Alla lettera, bradicinesia indica la lentezza del movimento, a cui spesso si associa una ridotta ampiezza del movimento (ipocinesia), alterazioni del ritmo del movimento, ed un progressivo deterioramento della performance motoria durante l’esecuzione dei movimenti ripetitivi (effetto sequenza). Alcune evidenze suggeriscono che dal punto di vista semiologico, la bradicinesia e le varie alterazioni del movimento a questa associate potrebbe avere caratteristiche differenziali nei parkinsonismi, a seconda della sottostante patologia, ad esempio nelle "sinucleinopatie" (come la malattia di Parkinson - MP, la demenza a corpi di Lewy - DLB e l'atrofia multisistemica - MSA) rispetto alle "tauopatie" (ovvero la paralisi sopranucleare progressiva - PSP e la degenerazione corticobasale - CBD). Vi sono anche alcune evidenze ottenute in studi neurofisiologici, basati sull’impiego delle tecniche di analisi cinematica del movimento, che dimostrano possibili differenze della bradicinesia nelle sinucleinopatie e nelle taupatie. Si tratta tuttavia di evidenze ancora limitate e, ad oggi, nessuno studio ha valutato le eventuali caratteristiche differenziali della bradicinesia, e delle alterazioni a questa associate, in pazienti con diagnosi certa di sinucleinopatia o tauopatia, ottenuta mediante gold-standard, ovvero l’esame anatomo-patologico. Nello studio condotto dal Dr. Marsili e coll., è stata effettuata una valutazione retrospettiva di videoregistrazioni raccolte in passato presso il Dipartmento di Neurologia dell’Università di Cincinnati. Queste videoregistrazioni erano state effettuate, negli anni, in pazienti affetti da varie forme di parkinsonismo (sia sinucleinopatie che tauopatie) per monitorarne l’andamento clinico mediante la valutazione delle comuni manovre di valutazione del movimento (ad esempio i movimenti ripetitivi delle dita e delle mani). Ai fini dello studio, sono stati complessivamente valutati i video di quarantadue pazienti di cui si disponeva anche della diagnosi anatomo-patologica, ovvero sia sinucleinopatie (MP e DLB) che tauopatie (PSP e CBD). Dall’analisi retrospettiva delle videoregistrazioni, indipendentemente dalla diagnosi, non sono state rilevate differenze nella valutazione di velocità, ampiezza, ritmo e l'effetto sequenza dei movimenti ripetitivi delle dita. Lo studio dimostra pertanto che le caratteristiche cliniche della bradicinesia e delle altre alterazioni del movimento a questa associate sembrerebbero non riflettere necessariamente i fenomeni neuropatologici che caratterizzano i parkinsonismi neurodegenerativi. Oltre alle possibili implicazioni cliniche, i risultati dello studio forniscono elementi utili nell’interpretazione fisiopatologica della bradicinesia nei parkinsonismi neurodegenerativi.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Dicembre 2022
Shoulder-Touch test to reveal incongruencies in persons with functional motor disorders
Autori: Christian Geroin, J. Nonnekes, R. Erro, S. Camozzi, B.R. Bloem, M. Tinazzi
Corresponding author: Dr. Michele Tinazzi (michele.tinazzi@univr.it) and Dr. Christian Geroin (christian.geroin@univr.it), Neurology Unit, Movement Disorders Division, Department of Neurosciences, Biomedicine and Movement Sciences, University of Verona, P. le Scuro 10, 37134, Verona, Italy
Pubblicato su: Eur J Neurol. 2022 Dec;29(12):3508-3512. doi: 10.1111/ene.15532. Epub 2022 Sep 8.
I pazienti affetti da disturbi motori funzionali (functional motor disorders - FMD) possono frequentemente lamentare disturbi dell'equilibrio, anche di grave entità. Questi pazienti, tuttavia, nonostante la percezione soggettiva di un disturbo dell’equilibrio, non cadono frequentemente. In questi casi, un possibile metodo per identificare la natura funzionale dell'instabilità posturale consiste nel testare gli effetti della distraibilità, sia nella pratica clinica che in studi sperimentali. Ad esempio, mediante l’utilizzo della posturografia ed utilizzando manovre di distrazione (sia motorie che cognitive), è possibile osservare una significativa riduzione dell'instabilità posturale nei casi sospetti di FMD. Nell’interessante lavoro condotto dal Dr. Geroin e coll. è stato valutato il ruolo del cosiddetto Shoulder-Touch test in pazienti con disturbi dell’equilibrio di sospetta natura funzionale. Lo “shoulder tap test” è stato descritto nel 2021 da Coebergh (DOI: 10.1212/WNL.0000000000012886) e consiste nel dare un leggero tocco con un dito (per es. con il dito indice) sulle spalle del paziente, di per sé insufficiente a causare instabilità, che tuttavia può determinare risposte posturali esagerate in pazienti con disturbi funzionali dell'andatura. Nel presente lavoro, la medesima manovra è stata praticata durante l’esecuzione di un test di retropulsione. Lo studio è stato condotto su una casistica di 48 pazienti ambulatoriali con una diagnosi certa di FMD, arruolati consecutivamente. Ogni paziente è stato sottoposto a una valutazione clinica mediante il test di retropulsione, ed in circa il 50% dei 48 casi di FDM è stato rilevato un punteggio ≥ 1. Di questi, a sua volta, in circa la metà dei casi un leggero tocco delle spalle determinava una risposta posturale incongrua ed esagerata, definita come la necessità di fare tre o più passi per recuperare fino alla caduta, in caso di mancato intervento dell’esaminatore (S-Touch+). Come gruppo di controllo, sono stati inclusi nello studio pazienti con malattia di Parkinson e pazienti con paralisi sopranucleare progressiva. Nessuno di questi, nonostante l’instabilità posturale, ha manifestato una positività al test (tutti S-Touch-). Lo studio dimostra quindi una elevata specificità del S-Touch (100%), ma una sensibilità modesta (48%), nei casi FMD. Come sottolineato dagli stessi autori, sarebbe interessante rivalutare e confermare i risultati del presente studio utilizzando misurazioni oggettive dell’equilibrio in pazienti con disturbi dell’equilibrio di sospetta natura funzionale. Lo studio sottolinea l’importanza di una accurata valutazione clinica per cogliere elementi indicativi della natura funzionale dei FMD che si possono spesso incontrare nella pratica clinica e che può essere indispensabile cogliere per arrivare, quando possibile, alla diagnosi.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Novembre 2022
Risk of SARS-CoV-2 infection, hospitalization, and death for COVID-19 in people with Parkinson disease or parkinsonism over a 15-month period: a cohort study
Autori: Corrado Zenesini, L. Vignatelli, L.M.B. Belotti, F. Baccari, G. Calandra-Buonaura, P. Cortelli, C. Descovich, G. Giannini, P. Guaraldi, M. Guarino, G. Loddo, R. Pantieri, V. Perlangeli, C. Scaglione, E. Stivanello, S. Trombetti, R. D'Alessandro, E. Baldin, F. Nonino; ParkLink Bologna group
Corresponding author: Dr. Luca Vignatelli (l.vignatelli@ausl.bologna.it), IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, UOS Epidemiologia e Statistica, Bellaria Hospital, Via Altura 3, 40139, Bologna, Italy
Pubblicato su: Eur J Neurol. 2022 Jul 16;10.1111/ene.15505. doi: 10.1111/ene.15505.
Uno degli aspetti di maggiore rilevanza scientifica della pandemia COVID-19 riguarda le possibili ripercussioni sfavorevoli in ambito neurologico dell’infezione da virus SARS-CoV-2. In questo contesto, sono stati in questi ultimi anni condotti diversi studi in pazienti con malattie neurodegenerative. In soggetti ospedalizzati, una concomitante malattia neurodegenerativa sembrerebbe aumentare il rischio di un decorso sfavorevole dell’infezione da virus SARS-CoV-2. Per quanto riguarda in particolare i pazienti con malattia di Parkinson (MP), sebbene nei pazienti con questa patologia si osservi spesso un peggioramento clinico significativo in caso di infezione, i dati riguardanti il rischio di ospedalizzazione o di morte sono controversi. Ciò è dovuto probabilmente a vari aspetti metodologici (disegno dello studio, fonti utilizzate per la raccolta dei dati e modalità impiegate, definizioni, ecc.) che hanno caratterizzato i vari studi. In un primo studio di coorte del ParkLink Bologna group, effettuato durante la prima ondata pandemica, è stato osservato che i pazienti con MP, in caso di infezione, avevano un rischio di ospedalizzazione in linea a quello osservato nella popolazione di controllo. Il rischio, tuttavia, aumentava considerevolmente in caso di altre forme di parkinsonismo. Lo scopo del presente studio condotto dal Dr. Zenesini e dal ParkLink Bologna group è stato quello di quantificare ulteriormente il possibile impatto negativo dell’infezione da virus SARS-CoV-2 in pazienti con MP. IN questo studio, sono stati considerati i dati relativi a due diverse ondate pandemiche (Marzo-Maggio 2020 e Ottobre 2020-Maggio 2021) relativi ad un periodo della durata di 15 mesi ed una casistica complessiva di 759 pazienti con MP, 192 pazienti con altre forme di parkinsonismo e 9226 controlli. I risultati dello studio hanno mostrato un rischio di ricovero ospedaliero ed una mortalità a 30 giorni dall’ospedalizzazione, significativamente più elevate in pazienti con parkinsonismo, rispetto agli altri gruppi. I risultati del presente studio estendono le osservazioni preliminari ottenute dall’analisi dei dati della prima ondata di pandemia COVID-19 nella MP e forniscono pertanto ulteriori elementi utili ai fini dei processi decisionali in ambito di politica sanitaria. In questo contesto, i disturbi neurologici cronici, tra cui i parkinsonismi, devono essere senza dubbio considerate condizioni ad alto rischio durante eventuali emergenze sanitarie globali, a cui è necessario quindi prestare particolare attenzione e destinare le adeguate risorse.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Ottobre 2022
Derivation and validation of a Phenoconversion-Related pattern in idiopathic rapid eye movement behavior disorder
Autori: Pietro Mattioli, Beatrice Orso, C. Liguori, F. Famà, L. Giorgetti, A. Donniaquio, F. Massa, A. Giberti, D. Vállez García, S.K. Meles, K.L. Leenders, F. Placidi, M. Spanetta, A. Chiaravalloti, R. Camedda, O. Schillaci, F. Izzi, N.B. Mercuri, M. Pardini, M. Bauckneht, S. Morbelli, F. Nobili, D. Arnaldi
Corresponding author: Dr. Beatrice Orso (beatrice.orso@edu.unige.it), Department of Neuroscience, Rehabilitation, Ophthalmology, Genetics, Maternal and Child Health (DINOGMI), Clinical Neurology, University of Genoa, Largo Daneo 3, 16132, Genoa, Italy
Pubblicato su: Mov Disord. 2023 Jan;38(1):57-67. doi: 10.1002/mds.29236. Epub 2022 Oct 3.
Il disturbo del comportamento nel sonno con movimento rapido degli occhi – REM (RBD) è una parasonnia caratterizzata da sogni vividi e dalla perdita della fisiologica atonia muscolare. Nedi casi idiopatici (iRBD), il disturbo è considerato uno stadio prodromico delle α-sinucleinopatie. Tuttavia, ad oggi, non sono ancora stati identificati biomarcatori affidabili di fenoconversione da iRBD ad α-sinucleinopatia manifesta. L'obiettivo dello studio multicentrico a cui hanno partecipato il Dr. Mattioli e dalla Dr. Orso (coautorship) è stato quello di identificare e validare un possibile pattern di metabolismo del glucosio cerebrale, studiato mediante tomografia a emissione di positroni con 18 F-fluoro-desossi-glucosio ([18 F]FDG-PET) ed analizzato mediante Scaled Subprofile Model and Principal Component Analysis (SSM-PCA), predittivo di fenoconversione nei pazienti con iRBD. Ai fini dello studio, sono stati consecutivamente arruolati 76 pazienti con iRBD. I pazienti sono stati quindi seguiti prospetticamente per circa 3 anni ed è stato in primo luogo osservato il tasso di fenoconversione (30 convertitori, di cui 14 malattia di Parkinson e 16 demenza a corpi di Lewy e 46 non convertitori). Ai fini dell’analisi dei dati, i pazienti non convertiti sono stati considerati come gruppo di riferimento. Mediante tecniche statistiche ad hoc è stato analizzato il potere predittivo dei dati raccolti. Dall’analisi dei dati è emerso un complesso pattern di metabolismo cerebrale predittivo di fenoconversione nei pazienti iRBD che comprendeva varie aree corticali (frontali, temporali e parietali) oltre al nucleo lentiforme, cervelletto e tronco encefalico a livello sottocorticale. A sostegno della validità e della robustezza del dato, gli autori non hanno rilevato significative differenze dei risultati analizzando separatamente e confrontando i dati raccolti nei vari centri coinvolti nello studio. Nel discriminare i pazienti che manifestavano, o no, il fenomeno della fenoconversione, l'analisi delle curve ROC ha mostrato valori di sensibilità e specificità dell’ 87% e del 72% rispettivamente, con un'area sotto la curva di 0,85. Il presente lavoro, dimostra quindi che è l'analisi del pattern [18 F]FDG-PET in pazienti iRBD potrebbe rappresentare un potenziale biomarcatore di fenoconversione nei pazienti con iRBD. I promettenti risultati emersi in questo studio dovranno necessariamente essere ulteriormente confermati in futuri studi longitudinali ed in casistiche più ampie. Ciò potrebbe ad esempio permettere di identificare diversi pattern [18 F]FDG-PET in pazienti iRBD predittivi di fenoconversione in α-sinucleinopatie diverse.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Settembre 2022
Movement disorders and neuropathies: overlaps and mimics in clinical practice
Autori: Francesco Gentile, A. Bertini, A. Priori, T. Bocci
Corresponding author: Dr. Tommaso Bocci (tommaso.bocci@unimi.it), Clinical Neurology Unit, “Azienda Socio‑Sanitaria Territoriale Santi Paolo e Carlo” and Department of Health Sciences, University of Milan, Via Antonio di Rudinì 8, 20142, Milan, Italy; “Aldo Ravelli” Center for Neurotechnology and Experimental Brain Therapeutics, Department of Health Sciences, University of Milan, Via Antonio di Rudinì 8, 20142, Milan, Italy
Pubblicato su: J Neurol. 2022 Sep;269(9):4646-4662. doi: 10.1007/s00415-022-11200-0. Epub 2022 Jun 3.
I disordini del movimento, ipo- o ipercinetici, e le neuropatie periferiche rappresentano condizioni neurologiche estremamente frequenti nella popolazione generale. Pertanto, è possibile incontrare nella pratica clinica pazienti con patologie appartenenti a ciascuna delle suddette categorie. Spesso si può trattare di un’associazione molto probabilmente casuale, soprattutto in caso di malattie acquisite ad elevata incidenza nella popolazione generale, in particolare geriatrica, come ad esempio la malattia di Parkinson (MP) e le neuropatie periferiche ascrivibili al diabete mellito. Tuttavia, vi sono anche evidenze che non necessariamente depongono a favore di una possibile associazione casuale tra i disordini del movimento e le neuropatie periferiche. È ad esempio ampiamente dimostrato che i pazienti affetti da MP sono a rischio di sviluppare forme di polineuropatia sensoriale e/o autonomica, innescate verosimilmente da molteplici meccanismi, ad oggi non del tutto noti. Analogamente, nel corso delle neuropatie periferiche si può spesso osservare la comparsa, nel medio-lungo termine, di disturbi del movimento di vario genere. Tra questi, si annovera in particolare tremore, ma anche distonia e mioclono, verosimilmente riconducibili a complessi meccanismi fisiopatologici centrali innescati dalla neuropatia periferica. Altro aspetto di grande attualità, riguarda la combinazione di disturbi del movimento e neuropatie periferiche nel contesto di una medesima entità nosologica acquisita o ereditaria. Tra le condizioni acquisite, si annoverano varie forme paraneoplastiche, autoimmunitarie e carenziali, alcune delle quali, potenzialmente trattabili. Tra le condizioni ereditarie, da considerare patologie genetiche (vedi ad esempio la neuroacantocitosi, le atassie spinocerebellari, le paraparesi spastiche, i disordini mitocondriali ecc.) soprattutto in caso di rilievo anamnestico di familiarità positiva, esordio giovanile o coinvolgimento multisistemico. Nel presente lavoro, il Dr. Gentile e coll. hanno approfondito il tema delle complesse interrelazioni tra disordini del movimento e neuropatie periferiche, effettuando un’accurata revisione della letteratura. Il presente lavoro ha il pregio di affrontare accuratamente ed efficacemente un tema complesso di notevole rilevanza clinica. Tra i vari aspetti, viene affrontata ed enfatizzata l’importanza della caratterizzazione semeiologica, laboratoristica, neuroradiologica e neurofisiologica, nonché del possibile impiego delle analisi genetiche di nuova generazione, ai fini di una corretta diagnosi e gestione dei pazienti.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Agosto 2022
Magnetic resonance-guided focused ultrasound Thalamotomy may spare dopaminergic therapy in early-stage tremor-dominant Parkinson's disease: a pilot study
Autori: Nico Golfrè Andreasi, R. Cilia, L.M. Romito, S. Bonvegna, G. Straccia, A.E. Elia, A. Novelli, G. Messina, G. Tringali, V. Levi, G. Devigili, S. Rinaldo, V. Gasparini, M. Grisoli, M. Stanziano, F. Ghielmetti, S. Prioni, E. Bocchi, P. Amami, S.H.M.J. Piacentini, E.F.M. Ciceri, M.G. Bruzzone, R. Eleopra
Corresponding author: Dr. Roberto Cilia (roberto.cilia@istituto-besta.it), Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta, Department of Clinical Neurosciences, Parkinson and Movement Disorders Unit, via G. Celoria 11, 20133, Milan, Italy
Pubblicato su: Mov Disord. 2022 Nov;37(11):2289-2295. doi: 10.1002/mds.29200. Epub 2022 Aug 29.
Negli ultimi anni sono emerse promettenti evidenze scientifiche sulla neuroablazione del nucleo Ventrale Intermedio Mediale del talamo (VIM) mediante ultrasuoni focalizzati sotto guida della Risonanza Magnetica (MR-guided Focused Ultra-Sound o MRgFUS). Questa procedura è oggi considerata una possibile alternativa terapeutica, sicura ed efficace, in casi selezionati caratterizzati da tremore resistente ai farmaci, in particolare in pazienti affetti da tremore essenziale. Esistono ad oggi informazioni, seppur limitate, anche sul possibile impiego della VIM - MRgFUS nella gestione del tremore in pazienti affetti da malattia di Parkinson (MP). Nel presente studio pilota, condotto dal Dr. Golfrè Andreasi e coll. sono stati ulteriormente indagati gli effetti della VIM-MRgFUS in pazienti con MP in fase iniziale, fenotipo tremorigeno. È stato specificatamente indagato, in che termini, la suddetta procedura fosse in grado di incidere sull’impiego dei farmaci dopaminergici, nel medio periodo post-trattamento. A questo proposito, gli autori hanno effettuato una valutazione preliminare delle caratteristiche demografiche e cliniche di un ampio gruppo di oltre 140 pazienti con MP. Gli autori hanno quindi selezionato ed incluso nello studio 10 pazienti trattati mediante VIM - MRgFUS e 20 pazienti gestiti con una terapia medica standard per via orale (gruppo di controllo). Gli autori hanno raccolto una serie di dati demografici e clinici al basale ed hanno quindi effettuato valutazioni di follow-up 6 e 12 mesi dopo. L’analisi dei dati ha mostrato una significativa riduzione dell’impiego di farmaci dopaminergici, ovvero levodopa e inibitori delle monoamino ossidasi B, nei pazienti trattati con talamotomia, rispetto al gruppo di controllo per almeno 6 mesi. Nonostante le possibili limitazioni dello studio, sottolineate dagli stessi autori, in particolare limitata numerosità campionaria e durata del follow-up, i risultati dimostrano che, sin dalle fasi iniziali della MP la VIM - MRgFUS potrebbe essere una valida alternativa terapeutica sia per ridurre il tremore, ma anche per consentire l’ottimizzazione e il risparmio di farmaci dopaminergici nel corso della malattia. Ciò potrebbe essere utile per mitigare il rischio di possibili eventi avversi causati proprio dall'aumento progressivo dei farmaci dopaminergici, ovvero complicazioni motorie e/o disordini del controllo degli impulsi. È quindi auspicabile che in futuro, i risultati del presente lavoro vengano quindi confermati in casistiche più ampie.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Luglio 2022
Long-term safety, discontinuation and mortality in an Italian cohort with advanced Parkinson’s disease on levodopa/carbidopa intestinal gel infusion
Autori: Federica Garrì, F.P. Russo, T. Carrer, L. Weis, F. Pistonesi, M. Mainardi, M. Sandre, E. Savarino, F. Farinati, F. Del Sorbo, P. Soliveri, D. Calandrella, R. Biundo, M. Carecchio, A.L. Zecchinelli, G. Pezzoli, A. Antonini
Corresponding author: Prof. Angelo Antonini (angelo.antonini@unipd.it), Parkinson and Movement Disorders Unit, Study Center on Neurodegeneration (CESNE), Department of Neuroscience, University of Padua, Padova, Italy
Pubblicato su: J Neurol. 2022 Jul 25;1-9. doi: 10.1007/s00415-022-11269-7. Online ahead of print.
La levodopa/carbidopa sotto forma di gel per somministrazione intestinale (LCIG) è un trattamento efficace nei pazienti con malattia di Parkinson in fase avanzata con fluttuazioni motorie e discinesie e conseguente significativa compromissione funzionale. In questo contesto, infatti, i farmaci dopaminergici somministrati per via orale risultano spesso inefficaci a produrre un controllo motorio soddisfacente e si rendono necessari trattamenti alternativi. Nonostante l’importanza del trattamento con LCIG Ad oggi, tuttavia, solo pochi studi hanno indagato la sicurezza a lungo termine della LCIG, incluse mortalità, possibili effetti avversi, inclusa la perdita di peso, le cause di eventuale interruzione del trattamento e i relativi predittori. Nello studio condotto dalla Dott.ssa Garrì e coll., è stata effettuata un'analisi retrospettiva dei dati clinici di 79 pazienti con malattia di Parkinson trattati con LCIG, raccolti in un periodo di 15 anni (tra il 2005 e il 2020) in due Centri Neurologici Italiani. In media, i pazienti sono stati seguiti per circa 48 mesi. L’analisi della mortalità ha dimostrato una durata di vita relativamente lunga per i pazienti con malattia di Parkinson in trattamento con LCIG. Tra i pazienti esaminati, tuttavia, un terzo di questi, la maggior parte dei quali in trattamento con LCIG è deceduto (incluso un caso di suicidio). Sono stati rilevati tre casi di poliradicoloneuropatia acquisita simile alla sindrome di Guillain-Barrè, tutti verificatisi nei primi anni di trattamento con LCIG. Inoltre, dall’analisi dei dati relativi ai possibili effetti avversi del trattamento è emersa una perdita media di peso significativa (circa 4kg), che è risultata correlare in particolare con la dose di levodopa e con la dose giornaliera equivalente di levodopa (LEDD) assunta al basale. Tra i principali predittori dell'interruzione del trattamento con LCGI sono emerse le complicanze peristomali. Infine, tra le principali limitazioni dello studio, gli autori ne sottolineano la natura retrospettiva. Lo studio fornisce indubbiamente informazioni utili sul follow-up a lungo termine dei pazienti con malattia di Parkinson in trattamento con LCIG. Queste informazioni sono particolarmente importanti nell’ottica di una più accurata definizione prognostica della malattia di Parkinson. In conclusione, LCIG ha un profilo di sicurezza e un'efficacia a lungo termine relativamente soddisfacenti e un tasso di interruzione relativamente basso. Ritardare l'inizio della LCIG sembrerebbe invece non influire sulla sostenibilità della terapia. Saranno certamente necessari ulteriori studi per valutare l'impatto complessivo delle terapie della malattia di Parkinson in fase avanzata.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Giugno 2022
Role of lysosomal gene variants in modulating GBA-associated Parkinson’s disease risk
Autori: Letizia Straniero, V. Rimoldi, E. Monfrini, S. Bonvegna, G. Melistaccio, J. Lake, G. Soldà, M. Aureli, Shankaracharya, P. Keagle, T. Foroud, J.E. Landers, C. Blauwendraat, A. Zecchinelli, R. Cilia, A. Di Fonzo, G. Pezzoli, S. Duga, R. Asselta
Corresponding author: Prof. Rosanna Asselta (rosanna.asselta@hunimed.eu), Department of Biomedical Sciences, Humanitas University, Via Rita Levi Montalcini, 4, Pieve Emanuele, Milan, Italy
Pubblicato su: https://doi.org/10.1002/mds.28987.
La malattia di Parkinson (MP) è oggi considerata una malattia neurodegenerativa multifattoriale, nella cui patogenesi un ruolo rilevante è svolto da fattori genetici. Circa il 15% dei pazienti riferisce infatti una familiarità per MP, i restanti casi definiti sporadici, dipendono dall’effetto combinato di varianti genetiche predisponenti e fattori di rischio ambientali. Ad oggi, le varianti nel gene per la glucocerebrosidasi (GBA) rappresentano il fattore genetico più frequente associato alla MP. Per quanto riguarda i possibili meccanismi patogenetici innescati dalle varianti GBA, è stata ipotizzata sia una possibile una perdita di attività enzimatica o in alternativa un possibile guadagno di funzione con effetto tossico della GBA mutata con conseguente disfunzione lisosomiale e stress dell’attività del reticolo endoplasmatico. Tuttavia, il motivo per cui gli individui con la stessa variante GBA possono o non possono sviluppare la malattia non è ancora del tutto chiaro. Nel presente lavoro condotto dalla Dott.ssa Letizia Straniero e coll. è stato valutato il contributo di varianti rare nei geni responsabili dei disturbi da accumulo lisosomiale (lysosomal storage disorders - LSD) al rischio di GBA-MP, confrontando il carico delle varianti deleterie nei geni LSD nei pazienti con MP rispetto ai soggetti asintomatici, tutti portatori di varianti deleterie in GBA. Gli autori hanno utilizzato un pannello di sequenziamento di nuova generazione, che include 50 geni LSD, ed è stata valutata un’ampia casistica di pazienti e di soggetti di controllo. Uno dei principali risultati del lavoro è che il carico complessivo delle varianti deleterie nei geni lisosomiali è risultato significativamente più elevato nei pazienti GBA-MP rispetto ai portatori asintomatici della variante GBA. Inoltre, l’analisi dei dati ha permesso di identificare alcuni dei fattori associati ad una maggior penetranza GBA, in particolare varianti nei geni implicati nella mucopolisaccaridosi. Tra le possibili limitazioni dello studio viene menzionato in particolare il fatto che il pannello di sequenziamento di nuova generazione ha riguardato solo le regioni codificanti dei geni LSD selezionati, in aggiunta a possibili bias inerenti alla metodologia dello studio. In conclusione, l'identificazione di varianti genetiche in geni lisosomiali che aumentano il rischio di MP potrebbe avere importanti implicazioni in termini di una più accurata stratificazione dei pazienti in futuri trial clinici finalizzati ad identificare possibili agenti neuroprotettivi.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Maggio 2022
The Technical Ability And Performing Scale (TAPS): a newly developed patient-reported functional rating scale for musician’s focal dystonia
Autori: Marina Ramella, R.M. Converti, G. Giacobbi, A. Castagna, E. Saibene, F. Borgnis, F. Baglio
First author: Marina Ramella, Rosa Maria Converti (coautorship)
Corresponding author: Prof.ssa Francesca Borgnis (fborgnis@dongnocchi.it), IRCCS Fondazione Don Carlo Gnocchi ONLUS, Via Capecelatro 66, Milan 20148, Italy
Pubblicato su: Parkinsonism Relat Disord. 2022 Jun;99:79-83. doi: 10.1016/j.parkreldis.2022.05.015. Epub 2022 May 20.
La distonia focale del musicista è tra le forme di distonia ad esordio in età adulta più comuni. Questo disordine del movimento coinvolge in genere l’arto superiore e può essere particolarmente invalidante fino a causare la fine di una carriera musicale professionale. Infatti, nel paziente con distonia focale del musicista i movimenti distonici possono interferire in maniera significativa con il controllo fine e la capacità di coordinazione necessaria per suonare uno strumento musicale. La distonia focale del musicista colpisce circa l'1% dei musicisti professionisti ed è una condizione clinica difficile da approcciare dal punto di vista terapeutico. Il trattamento di questo disturbo particolarmente invalidante può prevedere farmaci somministrati per via orale, iniezioni di tossina botulinica e trattamenti non farmacologici (ad esempio la riabilitazione), tuttavia i risultati sono spesso insoddisfacenti. Nel presente lavoro condotto dalla Dott.ssa Marina Ramella e dalla Dott.ssa Rosa Maria Converti (in coautorship) e coll., è stata validata una scala di nuova concezione, specificatamente designata per la valutazione clinica del paziente con distonia focale del musicista e basata su quanto viene riferito dal paziente, ovvero la Technical Ability and Performing Scale (TAPS). La TAPS è di facile impiego, consiste in una scala analogica visiva e può essere pertanto impegata agevolmente in qualsiasi contesto in pochi minuti. Nello studio sono stati inclusi settantasette pazienti affetti da distonia focale del musicista con sintomi presenti da almeno tre anni. Ciascun soggetto ha compilato la TAPS dopo aver riprodotto alcuni passaggi tecnici di variabile complessità. I pazienti sono stati inoltre sottoposti a valutazione standardizzata mediante scale cliniche convalidate, ovvero la Scala di disabilità della distonia dell’arto superiore (ADDS) e la Scala Tubiana-Chamagne (TCS). È stata quindi condotta un’analisi statistica per valutare affidabilità e validità della TAPS in rapporto all’ADDS e alla TCS. I risultati dello studio dimostrano che i punteggi ottenuti mediante TAPS correlano con quelli ottenuti mediante ADDS e TCS. In conclusione, lo studio dimostra che la TAPS è uno strumento affidabile e valido per la valutazione clinica del paziente con distonia focale del musicista. In aggiunta ai metodi di valutazione tradizionali della distonia, ovvero scale cliniche standardizzate e metodi neurofisiologici per la quantificazione oggettiva, un ulteriore strumento di valutazione basato su quanto riferito dal paziente potrebbe facilitare la partecipazione attiva del paziente nel processo decisionale sul suo percorso terapeutico. Ciò potrebbe inoltre essere di aiuto per gli operatori sanitari a monitorare l’andamento della distonia nel tempo. Sono tuttavia necessari ulteriori studi per verificare l'efficacia della scala TAPS nella valutazione longitudinale del paziente affetto da distonia focale del musicista.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Aprile 2022
Development and validation of automated magnetic resonance parkinsonism index 2.0 to distinguish progressive supranuclear palsy-parkinsonism from Parkinson’s disease
Autori: Andrea Quattrone, M.G. Bianco, A. Antonini, D.E. Vaillancourt, K. Seppi, R. Ceravolo, A.P. Strafella, G. Tedeschi, A. Tessitore, R. Cilia, M. Morelli, S. Nigro, B. Vescio, P.P. Arcuri, R. De Micco, M. Cirillo, L. Weis, E. Fiorenzato, R. Biundo, R.G. Burciu, F. Krismer, N.R. McFarland, C. Mueller, E.R. Gizewski, M. Cosottini, E. Del Prete, S. Mazzucchi, A. Quattrone.
Corresponding author: Prof. Aldo Quattrone (quattrone@unicz.it), Neuroscience Research Center, Magna Graecia University, Viale Europa, Germaneto, 88100 Catanzaro, Italy
Pubblicato su: Mov Disord. 2022 Jun;37(6):1272-1281. doi: 10.1002/mds.28992. Epub 2022 Apr 11.
La diagnosi differenziale tra malattia di Parkinson (MP) e paralisi sopranucleare progressiva (PSP) e può essere difficoltosa, specialmente nei primi anni di malattia. Ad oggi, tra i diversi biomarcatori di neuroimmagine dimostratisi potenzialmente utili per distinguere la MP dalla PSP, in particolare dalla cosiddetta Sindrome di Richardson, si annovera il cosiddetto Magnetic Resonance Parkinsonism Index – MRPI che si basa sulla misurazione di aree tronco-encefaliche, ovvero mesencefalo e ponte nonché i peduncoli cerebellari medi e superiori. Resta tuttavia da definire il ruolo dell’MRPI nel distinguere la MP da sottotipi di PSP meno gravi, ad esempio la PSP-P. Lo scopo dello studio condotto dal Dott. Andrea Quattrone e coll., è stato sviluppare un algoritmo automatizzato basato sull’analisi delle immagini di risonanza magnetica nucleare cerebrale per il calcolo dell’MRPI 2.0, che include, oltre alle strutture già citate anche le misurazioni del III ventricolo. Lo studio è stato condotto su un’ampia casistica di oltre 600 partecipanti, pazienti affetti da MP, PSP-P e soggetti di controllo reclutati presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro e vari altri centri internazionali di ricerca. Gli autori hanno quindi impiegato l’algoritmo automatizzato per il calcolo dell’MRPI 2.0 ed inoltre ed i dati ottenuti sono stati sottoposti ad analisi delle curve ROC. L'MRPI 2.0 automatizzato ha mostrato prestazioni eccellenti nel differenziare i pazienti con MP dai pazienti con PSP-P e dai soggetti di controllo. Di particolare rilievo il dato ottenuto nel gruppo di pazienti afferenti ai vari centri di ricerca internazionali che suggerisce che i risultati ottenuti mediante analisi automatizzata dell’MRPI 2.0 potrebbero essere generalizzabili, indipendentemente dall’area geografica di provenienza. L'MRPI 2.0 automatizzato è stato inoltre in grado di discriminare i pazienti affetti da MP e PSP-P nelle fasi iniziali di malattia, fase in cui la diagnosi differenziale può essere particolarmente difficile. È stata infine rilevata una forte correlazione tra i valori MRPI 2,0 automatizzati e manuali. Pur considerando le possibili limitazioni dello studio, correttamente evidenziate dagli autori, in primis l’assenza di dati di tipo anatomopatologico a supporto della diagnosi, lo studio fornisce evidenze a supporto dell’utilità di un biomarcatore di neuroimmagine, ai fini della corretta classificazione dei pazienti affetti da parkinsonismo. L'uso dell'algoritmo automatizzato MRPI 2.0, a differenza delle misurazioni manuali che possono essere in una certa misura dipendenti dall’operatore, potrebbe essere importante per standardizzare le misurazioni in vari centri di ricerca. È probabile che ciò possa favorire, in un prossimo futuro, l’esecuzione di studi multicentrici condotti in diverse aree geografiche e la messa a punto di una metodologia robusta utile sia nella diagnosi differenziale dei parkinsonismi che eventualmente nella valutazione longitudinale della progressione di malattia.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Marzo 2022
Postganglionic sudomotor assessment in early stage of multiple system atrophy and Parkinson disease: a morpho-functional study
Autori: Vincenzo Provitera, V. Iodice, F. Manganelli, S. Mozzillo, G. Caporaso, A. Stancanelli, I. Borreca, M. Esposito, R. Dubbioso, R. Iodice, F. Vitale, S. Koay, E. Vichayanrat, F. Valerio, L. Santoro, M. Nolano
Corresponding author: Dr.ssa Maria Nolano (maria.nolano@icsmaugeri.it), Istituti Clinici Scientifici Maugeri IRCCS, Via Maugeri 4, Pavia 27100, Italy
Pubblicato su: Neurology. 2022 Mar 22;98(12):e1282-e1291. doi: 10.1212/WNL.0000000000013300. Epub 2022 Jan 11.
La compromissione sudomotoria è una caratteristica che può essere frequentemente osservata nel paziente con parkinsonismo, ovvero malattia di Parkinson (MP) e atrofia multisistemica di tipo parkinsoniano (MSA-P). In particolare, in quest’ultima condizione, si può osservare spesso anidrosi diffusa, soprattutto nelle fasi avanzate della malattia, come dimostrato da evidenze ottenute in studi prospettici. Nel paziente con MSA-P, l'aumento della disfunzione sudomotoria nel tempo riflette probabilmente un più grave e progressivo coinvolgimento delle fibre postgangliari nel corso della malattia. Nel presente lavoro condotto dal Dott. Provitera e coll., è stato ulteriormente indagato il danno sudomotorio post-gangliare in pazienti con MP e MSA-P di nuova diagnosi, ovvero entro i 2 anni dall'insorgenza dei sintomi motori. Sono stati inclusi nello studio circa 100 pazienti con parkinsonismo, di cui 57 con MP e 43 pazienti con MSA-P. Nella fase di reclutamento, i pazienti sono stati valutati mediante l’impiego di scale cliniche standard e questionari. I pazienti sono stati inoltre sottoposti ad una valutazione della funzione sudomotoria post-gangliare mediante il test dinamico del sudore e ad una biopsia cutanea. I campioni di cute sono stati elaborati ed analizzati mediante tecniche di immunofluorescenza indiretta utilizzando un pannello di vari anticorpi, inclusi marcatori noradrenergici e colinergici. La densità delle fibre nervose intraepidermiche, sudomotorie e pilomotorie, è stata misurata su immagini confocali mediante un software dedicato. La valutazione clinica ha mostrato sintomi più gravi nei pazienti con MSA-P rispetto a quelli con MP. La produzione di sudore, nonché la densità delle fibre nervose intraepidermiche, sudomotorie e pilomotorie, sono risultate maggiormente compromesse nella MSA-P rispetto alla MP. Gli autori hanno inoltre identificato un possibile parametro, definito dal prodotto della produzione di sudore moltiplicato per la densità delle fibre sudomotorie, per distinguere efficacemente le 2 popolazioni dei soggetti inclusi nello studio. In sintesi, lo studio dimostra che la valutazione della funzione sudomotoria e la quantificazione dei nervi autonomici cutanei rappresentano un valido approccio morfo-funzionale per valutare un eventuale compromissione della componente autonomica post-gangliare nei pazienti con MP e MSA-P. Lo studio fornisce inoltre evidenze di Classe II che dimostrano che la valutazione morfo-funzionale sudomotoria potrebbe essere impiegata come ausilio per distinguere accuratamente i pazienti con MP dai pazienti con MSA-P.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Febbraio 2022
What about the role of the cerebellum in music-associated functional recovery? A secondary EEG analysis of a randomized clinical trial in patients with Parkinson disease
Autori: Antonino Naro, L. Pignolo, D. Bruschetta, R.S. Calabrò
Corresponding author: Dr. R.S. Calabrò (salbro77@tiscali.it ), IRCCS Centro Neurolesi Bonino Pulejo, Via Palermo, SS113, C.da Casazza, 98124, Messina
Pubblicato su: Parkinsonism Relat Disord. 2022 Mar;96:57-64. doi: 10.1016/j.parkreldis.2022.02.012. Epub 2022 Feb 23
La stimolazione acustica ritmica (Rhythmic Auditory Stimulation - RAS) sembrerebbe essere uno strumento innovativo per migliorare la deambulazione delle persone affette da malattia di Parkinson idiopatica. Inoltre, gli effetti della RAS potrebbero essere mediati dal cervelletto. Tuttavia, i meccanismi neurofisiologici alla base degli effetti della RAS sono ancora poco conosciuti. Nel presente condotto dal Dott. Naro e coll., è stato indagato il possibile contributo cerebellare sottostante gli effetti dell'allenamento dell’andatura basato su RAS nelle persone con malattia di Parkinson idiopatica. A questo proposito sono stati specificatamente misurati gli indici di connettività cerebro-cerebellare mediante registrazione EEG standard ed è stata quindi effettuata un’analisi delle sorgenti del segnale. Sono stati complessivamente studiati 50 pazienti affetti da malattia di Parkinson idiopatica assegnati, in modo casuale, a due diverse modalità di allenamento del cammino su tapis roulant. Il programma di allenamento ha avuto complessivamente una durata di otto settimane. In aggiunta alle registrazioni EEG, sono stati raccolti dati clinici e cinematici del cammino. È stato osservato che il maggiore miglioramento nella deambulazione in seguito all'allenamento RAS (rispetto a quello non-RAS), secondo la valutazione clinica e cinematica, si accompagnava ad un più evidente rimodellamento della connettività funzionale cerebro-cerebellare in relazione a specifiche aree cerebrali (corteccia premotoria, sensorimotoria e temporale). I dati dello studio dimostrano, dal punto di vista metodologico, la fattibilità della localizzazione delle sorgenti cerebellari legate all'andatura utilizzando registrazioni EEG standard e tecniche di analisi dedicate. Dal punto di vista interpretativo, i risultati dello studio suggeriscono che il rimodellamento cerebellare ed in particolare della connettività cerebro-cerebellare potrebbe facilitare il recupero dei meccanismi di temporizzazione interna che generano e controllano la ritmicità motoria con conseguente miglioramento della deambulazione. Dal punto di vista riabilitativo, i risultati dello studio potrebbero essere utili per personalizzare i paradigmi riabilitativi della deambulazione, in particolare nella selezione del paziente che potrebbe trarre maggior beneficio da un approccio basato sul RAS ed inoltre per monitorare, in modo oggettivo, i progressi dei pazienti nel corso del trattamento.
A cura di: M. Bologna (Roma)
Gennaio 2022
Stratification tools for disease-modifying trials in prodromal synucleinopathy
Autori: Dario Arnaldi, P. Mattioli, F. Famà, N. Girtler, A. Brugnolo, M. Pardini, A. Donniaquio, F. Massa, B. Orso, S. Raffa, M. Bauckneht, S. Morbelli, F. Nobili
Corresponding author: Dr. Dario Arnaldi (dario.arnaldi@gmail.com), Clinical Neurology, Departmentof Neuroscience (DINOGMI), Genoa, Italy
Pubblicato su: Mov Disord. 2022 Jan;37(1):52-61. doi: 10.1002/mds.28785. Epub 2021 Sep 17
L’imaging cerebrale funzionale mediante tomografia computerizzata a emissione di singoli fotoni del trasportatore della dopamina (DAT-SPECT) è attualmente considerato il mezzo più efficace per valutare il rischio di conversione in sinucleinopatia clinicamente evidente dei pazienti con disturbo idiopatico comportamentale del sonno REM (iRBD). Tuttavia, il DAT-SPECT è un esame relativamente costoso e mini-invasivo e pertanto potrebbe essere più adatto come strumento di indagine di seconda a fini clinici e sperimentali. Lo scopo del presente studio, condotto dal Dott. Arnaldi e coll. è stato quello di indagare le caratteristiche cliniche, neuropsicologiche, neurofisiologiche e di imaging cerebrale funzionale di un gruppo di pazienti con iRBD. Lo scopo dello studio è stato quindi indagare se eventuali indagini economiche e non invasive possono essere proposti come biomarcatori, ovvero strumenti di stratificazione di prima linea. Ciò permetterebbe, in aggiunta all’impiego di indagini di seconda linea, di selezionare più efficacemente i pazienti. Nel presente studio sono stati arruolati consecutivamente 47 pazienti con iRBD. Oltre al DAT-SPECT, i pazienti sono stati sottoposti a valutazione clinica comprensiva di test neuropsicologici, test dell’olfatto ed elettroencefalogramma a riposo (EEG). Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad una valutazione di follow-up a distanza di 6 mesi per monitorare l’eventuale insorgenza di parkinsonismo e/o demenza. Nel periodo di osservazione, 17 pazienti hanno sviluppato una sincucleinopatia, con parkinsonismi in otto casi e demenza in nove casi. In aggiunta ad alterazioni rilevate mediante imaging funzionale indicative di coinvolgimento della via dopaminergica nigrostriatale, l’analisi multivariata ha evidenziato che eventuali alterazioni delle funzioni cognitive (principalmente riguardanti i domini dell’attenzione e della memoria di lavoro) costituiscono potenziali fattori di rischio di fenoconversione in pazienti con iRBD. In particolare, i risultati ottenuti al trail-making test B (TMT-B) sembrerebbero essere uno strumento di screening particolarmente efficace ed economico, da utilizzare nei pazienti, prima di eventuali indagini di seconda linea. I risultati del presente studio assumono particolare rilievo considerando la necessità di implementare le strategie di arruolamento dei pazienti in fase prodromica di malattia, soprattutto negli studi clinici sui farmaci in grado di modificare il decorso delle sinucleinopatie. In questo momento sono in fase di studio diversi farmaci che potrebbero potenzialmente modificare il decorso delle sinucleinopatie, in particolare nei pazienti con malattia di Parkinson. Nel momento in qui verrà eventualmente comprovata l’efficacia dei suddetti farmaci, sarà essenziale disporre di validi strumenti per identificare la malattia in fase prodromica ed intervenire tempestivamente.
A cura di: M. Bologna (Roma)